1° SEDUTA – LA SPERANZA È LA MEMORIA DEL FUTURO

Seminario 1997/98
Seminario “Aldilà. Il corpo” (3)

 

 

  1. La psicopatologia non ha futuro

Vi suggerisco di scrivere le quattro frasi che ho pronunciato la volta scorsa:

  1. L’odio è la separazione del sapere dall’amore.
  2. Il moralismo – costruzione di quest’epoca – non è un cattivo uso della morale, ma la separazione fra morale e
  3. L’amore è la relazione – non fra due corpi, non fra due menti – fra la mente dell’uno e il corpo dell’altro.
  4. La speranza – parola maledetta, specialmente da quando, nel nostro secolo, qualcuno ha scritto un libro intitolato Il principio speranza – non è affatto un La speranza è la memoria del futuro. Ha senso parlare di speranza quando i denti hanno la certezza del cibo da masticare. Ogni altra definizione fa di questa parola soltanto il nome dell’illusione. Dell’illusione, non dell’utopia: le prime, infatti, non si realizzano, mentre le seconde – ahimè – sì.

È il caso di dire che, letteralmente, la psicopatologia non ha futuro, proprio come si dice che una certa impresa…, che una certa azienda… non ha alcun futuro. Del resto, proprio per questo è psicopatologia. La parola «psicopatologia» è definita nel modo più preciso, benché nei suoi termini più generali, dalle caratteristiche di compulsione (ossia azione e pensiero coatti) e ripetizione (proprio come è ripetitiva la serie dei numeri: 2 è 1 che si ripete due volte; 3 è 1 che si ripete tre volte, e così via). Nella psicopatologia il futuro è un tempo lineare vuoto: si ripete sempre la medesima cosa. In essa il tempo è soltanto il luogo – c’è un certo motivo per usare la parola greca topos – del rinvio, della rimozione. È Rossella O’Hara a dire: «Ci penserò domani», ossia mai. Per questo fallisce.

La definizione di speranza come memoria del futuro non ha alcun carattere spiritualistico, perché significa che il tempo è occupabile da una iniziativa – verbo «iniziare», sostantivo «inizio» — che ha un inizio che non è a sua volta l’effetto di una causa. «Iniziativa» significa che non c’è una causa, altrimenti quell’inizio sarebbe un finto inizio.  …

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Data di pubblicazione: 05/06/2016