Seminario 1994/1995
“VITA PSICHICA COME VITA GIURIDICA”
1. Il non tradimento del nevrotico
Ho subito approvato, senza esitare, l’ultima frase di Ballabio: «Il nevrotico non ha tradito il pensiero di natura». Anzi, io non direi neppure che il nevrotico ha la perversione come ideale, tutt’al più ammetterei che ha la perversione come fantasia. E non perché tutte le fantasie siano perverse.
Quanto all’uso della parola “ideale”, non riesco più a usarla per significare “ciò che si ha in testa”, ma l’assumerei ormai nel modo più reale: se io ho un certo ideale, passerò il resto della mia vita a far sì che si realizzi: si chiama “programma”.
Tra le quattro psicopatologie, il nevrotico è l’unico che non ha tradito la legge del Padre, il principio di piacere, il pensiero di natura, come ordinamento, legislazione; il nevrotico è tale per il fatto che è ancora in difesa rispetto all’attacco perverso, nel senso attivo del verbo difendersi. È nevrotico perché la difesa è inadeguata o, per meglio dire, è inadeguata perché si limita a essere la fissazione di risposte che a suo tempo sono state abbastanza adeguate; è una difesa difettosa nell’essere anacronistica, non più attuale. E nell’avere persino dimenticato – oblio – il ciò da cui era difesa. Verrebbe da dire che la nevrosi è la linea del Piave rispetto alla perversione; con tutto ciò gli Austro-Tedeschi non erano più perversi dei generali italiani.
La nevrosi che è ciò a cui approda chiunque (a mio parere senza eccezioni), perché quella che chiamiamo “crisi” è irrintracciabile allo stato puro: ognuno, al di là di questa crisi, è entrato poco o tanto nella fragile difesa che la nevrosi è.
Allorché si dice che nella nevrosi c’è fuga, da cosa è fuga? È fuga da ciò da cui, chi fosse normale, non avrebbe alcun bisogno di fuggire. La prima risposta del sano all’attacco perverso incomincia da un: “Ma va là!”, addirittura da un sanamente volgare non giocare nemmeno ossia da un giudizio che non ha bisogno di attardarsi troppo a essere giudizio. La facoltà di giudizio non ha bisogno di scrivere un trattato, sia pure dentro la testa, prima di essere rispondente e rispondente nel tempo del tic-tac. …
Pronunciato il 7 aprile 1995
Trascrizione a cura di Gilda Di Mitri
Testo non rivisto dall’Autore