12° SEDUTA – OSSERVAZIONI

Seminario 1995/1996
“VITA PSICHICA COME VITA GIURIDICA 2”

 

 

Sottoscrivo subito che il credito è la fissazione. Il credito non è soddisfacente, da cui il falso di frasi della specie: «Non potrai mai sdebitarti con i tuoi genitori». Quando accade che non ci si possa sdebitare con i propri genitori è perché ci si è ammalati. Il caso esiste come sottospecie di patologia.

Voglio introdurre un lemma che fino ad oggi, salvo cenni frammentari, non abbiamo mai preso con le due mani e che rappresenta uno dei temi del massimo oscurantismo «psico», cioè il tema dell’«affetto». Sapete anche che questa parola va in coppia con la parola «emozione», che oggi ne ha preso il posto. Il poco di cenno che faccio ora ha dunque solo l’intenzione di aprire il tema, che è da aprire nella nostra stessa vita personale, per rispondere a un quesito come questo: «Qual è l’affetto di colui che ascolto parlare?» In questo caso (poiché sto parlando io), è sufficiente ascoltarmi per sapere quali sono i miei affetti o le mie emozioni? La mia risposta è sì, ma già questa questione subordinata ne apre un’altra ancora. Qual è il mezzo che, nella ricezione di ciò che dico, permette di riconoscere qual è il mio affetto o la mia emozione? Se ho la facies melanconica, il medium è la percezione visiva: voi non udite la mia faccia, la vedete. Se invece potete giudicare la presenza di un affetto attraverso l’ascoltare, si tratta di un bello spostamento. Tutta la storia della psicologia della percezione è incapace di concepirlo, perché fra udito e intelligenza, fra udire e intendere c’è una spaccatura incolmata e finora incolmabile. Ho appena detto che l’affetto è qualcosa che si intende. Fin qui già abbiamo un nesso fra intelligenza e affetto.

Pongo una tesi generale e ancora da discutere: non si tratta di scegliere se sia meglio dire «emozione» o «affetto», quanto di riconoscere che le emozioni sono i sostituti dell’affetto mancante. C’è un espediente intrinseco per introdursi in modo limpido a questa dibattimentale distinzione fra emozioni e affetti: quello di pensare alle manifestazioni emotive della finta allegria, che non si trova solo alla televisione, ma è una cosa da gruppo: «Questa sera siamo tutti allegri…», ci si vede in un certo gruppo e ci vorrà la finta gioia e il sorriso o qualcosa del genere.  …

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Pronunciato il 10 maggio 1996
Trascrizione a cura di Gilda Di Mitri
Testo non rivisto dall’Autore


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Data di pubblicazione: 05/06/2016