Corso 1997/1998
UNIVERSITÀ. CHE COSA POSSO SAPERE
Un filo a malincuore sono d’accordo con Pietro R. Cavalleri perché finisca qui.
Sia per lui che per Alberto Colombo che vistosamente ha interrotto a metà la sua esposizione e la riprenderà la prossima volta, allo stesso modo l’inizio di Pietro R. Cavalleri ora proseguirà e la forma del radiogiornale, l’idea del radiogiornale a me sembra buona, nel suo carattere precisamente giornalistico. Posso testimoniare — e ne sono certo per altri miei compagni qui presenti — che il nostro lavoro è giornalistico, giornaliero, che registra notizie nuove. Se il nostro Studium Cartello si chiamasse Corriere della Sera, Il Giornale, La Gazzetta o La Repubblica, andrebbe altrettanto bene. È una cosa che non è immediatamente facile da intendere, ma almeno l’ho osservata.
Aggiungo qualcosa di mio. È il mio parziale, modesto contributo di oggi in due punti: uno l’ho già accennato con Mani Pulite e il secondo è quello rappresentato dallo schema che vi propongo.
Ora non c’è il tempo per illustrare il mio secondo contributo, intitolato La centrale idroelettrica.
Faccio una breve aggiunta al primo contributo, intitolato Mani Pulite, che le labbra siano monde o che si sappia finalmente cominciare a parlare la lingua. La lingua finalmente imparata a parlare — nei confronti della quale oggi tutto ci spinge ad essere analfabeti — è il nostro linguaggio scientifico. La lingua imparata a parlare, ovvero la lingua effettivamente, effettualmente, efficacemente parlata è il nostro linguaggio scientifico, proprio come da altre parti si parla di vari linguaggi della scienza, il linguaggio matematico, il linguaggio dei modelli, etc. Da anni sostengo che la nozione di linguaggio scientifico è una truffa, eccetto quando sia la lingua stessa effettivamente parlata che allora è linguaggio scientifico ed unico.
Noi siamo alla riconquista così come tanto tempo fa è stata chiamata e cioè con la parola redenzione: noi siamo dei conquistadores.
A proposito della frase che la speranza è la memoria del futuro, o anche che la speranza è il sapere del futuro — quindi niente sfere di cristallo — è la frase che dice che la speranza non è un’illusione. È l’unico caso in cui la speranza non è un’illusione. …
Pronunciato il 6 dicembre 1997
Trascrizione a cura di Gilda Di Mitri
Testo non rivisto dall’Autore