Corso 1991/92
“PSICOPATOLOGIA”
Introduzione
Questa sera cambierei il programma rispetto a quanto stabilito. Una pulce, una buona pulce occasionale nell’orecchio, mi è stata messa da Pietro Cavalleri qualche giorno fa nel rispondere a una mia domanda. Avendo egli trascritto, non per la prima volta, la lezione della volta scorsa, e con grande precisione, gli chiesi se il testo corresse, se si sentisse della chiarezza, quello che si chiama “correre del discorso”. Mi rispose che sì, che tuttavia su un punto in particolare, dove le componenti della malattia erano solo accennate (e, temo, male accennate) si perdeva un po’, ci si perdeva un po’ con le righe. Questa è stata una pulce che mi ha fatto pensare un’altra cosa ancora: non solo a tornare, questo sarebbe banale, sulla volta scorsa, ma a dedicare una serata a segnare il passo. Segnare il passo, nel senso proprio e contestuale di questa espressione, non è il movimento che si ferma. Quando si segna il passo (anche se io non ho fatto il militare però ho fatto ginnastica al liceo) si tiene la stessa posizione, muovendosi sulla medesima.
Io farei in due modi. Per parte mia ho preparato come sempre ciò che sono stato capace di preparare, al tempo stesso per un tempo più limitato che il solito, perché ho sentito il desiderio di discutere un po’, al termine di ciò che potrò dire ora, che, ripeto, non segue l’ordine, ma ritorna su dei temi e ricolloca ciò che stiamo facendo. Io suggerirei che al termine abbiamo venti minuti di, spero, sollecite domande, senza attese, che vengano come si sono costituite o come durante i prossimi quaranta minuti potranno venirvi in mente, in modo che diamo movimento a quello che stiamo facendo, a me stesso… Come agen- te più parlante di altri in questo Corso, io stesso avrei voglia di sentire degli interventi, dei quesiti, delle domande. E ho pensato di lavorare in questo modo. C’è il libro di Gaetano Benedetti (Paziente e terapeuta nell’esperienza psicotica, Boringhieri, Torino, 1991), appena uscito da Boringhieri, in cui fi- gura una frase veramente bizzarra: “Come psicoterapeuta io amo l’uomo”. E non come psicoterapeuta, che cosa fa? È stranissima questa frase. Io credo che stiamo facendo un lavoro in cui questi lapsus non dovrebbero occorrerci. Ho raccolto cinque punti. Il primo, si capirà subito, si può chiamare Una premessa. Poi parlerò di Epoca ossia: in quale epoca stiamo facendo quello che stiamo facendo. …
Pronunciato il 10 gennaio 1992
Trascrizione e revisione a cura di Pietro R. Cavalleri
Testo non rivisto dall’Autore
La raccolta completa dei testi degli interventi al Corso è disponibile nel sito www.sicedizioni.it