4° – VIVERE NELLA CONTRADDIZIONE. VIVERE NEL COMPROMESSO, 2

4° SIMPOSIO
VIVERE NELLA CONTRADDIZIONE.
VIVERE NEL COMPROMESSO

 

A proposito della parola “spiritualità”.

Conoscendo un po’ il tedesco, quando traducevo il Mosè soprattutto, ho trovato che Freud usava la parola tedesca Geistigkeit, da Geist che vuol dire spirito, anche nel senso dello Spirito Santo, però anche nel senso hegheliano del pensiero, delle idee, quindi è una parola generica che è traducibilissima anche come intellettualità.
Ora, circa il destino, il malaugurato destino della Geistigkeit, della intellettualità, chiamiamola spiritualistica, credo che almeno in alcuni esempi ne sappiamo abbastanza, e non c’è dubbio che la patologia elabori una povera, una misera intellettualità ma la elabora: è un costrutto, un costrutto di pensiero – certo, la patologia è costrutto di pensiero – e poi c’è un’altra intellettualità che è quella del pensiero in quanto ortodossia, una volta la chiamavo ortodossia dell’individuo. Non ho gettato la parola ortodossia, ma sono ripartito dall’idea di una ortodossia dell’individuo chiamata anche salute.
Tutta la storia della psicologia ha scisso salute e pensiero. Certo è un pensiero che ha fatto un passaggio, c’è chi lo fa e c’è chi non lo fa.

Riguardo agli ossessivi che non guariscono, o a certi ossessivi che non guariscono, e non solo ossessivi, a mio avviso si tratta di questo passo mancato. Non è molto di più, bisogna proprio individuare la non guarigione come un passo nel bivio che non è stato compiuto, che non vuole essere compiuto.
Il non compiere questo passo io continuo a rappresentarlo plasticamente – lo vedrete subito – con quel gesto che si faceva da bambini e lì non c’era perversione: due bambini pattuivano qualcosa fra di loro: “Io ti darò la tal cosa oppure tu mi darai la tal cosa. Ci vedremo domani nel fare ciò”, si davano appuntamento ma era inteso fra i bambini che se uno dei due teneva le dita incrociate dietro la schiena – non so se a voi è successo nell’infanzia ma a molti è successo – voleva dire che non valeva, che il patto non valeva.
In sé sarebbe perverso, è perverso, ma fino al bambino in cui la patologia non è ancora struttura non lo è: ha ragione Lacan a parlare di struttura, ma la struttura è solo patologica, è solo la patologia che ha struttura, proprio nel senso del diamante, del tetraedro. La figura strutturale, usata da Lacan, è proprio il tetraedro, quello che ha quattro facce uguali. Ecco, nel bambino non c’è ancora il tetraedro quindi non c’è questa vera e propria perversione: “Ti sto dicendo che lo farò, ti sto dicendo che questo patto non lo seguirò”. Nel bambino ancora ancora. Poi il giorno dopo anzi, due giorni dopo, quando il patto non era stato osservato, uno dei due bambini protestava e l’altro rispondeva: “Sì, ma io ho fatto così”.
È un gioco che dura molto poco, forse uno dei pochi giochi che durano poco e durano poco solo perché se durassero un po’ di più, sarebbe perversione.

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Pronunciato il 6 aprile 2013
Trascrizione a cura di Sara Giammattei
Revisione di Glauco Maria Genga
Testo non rivisto dall’Autore


 

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Data di pubblicazione: 05/06/2016