5° – A CHE PUNTO SIAMO. SPERANZA O CERTEZZA?, 2

5° SIMPOSIO
A CHE PUNTO SIAMO.
SPERANZA O CERTEZZA?

 

Il tema di oggi, l’ho detto prima, è formulato con la lingua: non si formula niente fuori dalla lingua. Non esiste la lingua degli angeli, le lingue degli uomini e la lingua degli angeli, no: non c’è la lingua degli angeli. Se ci fosse la lingua degli angeli, sarebbe una lingua come quella che io sto parlando; in ogni caso gli angeli sono insoddisfatti, quindi non ho alcun interesse che un angelo mi parli. Posso essere carino con lui, starò a sentire lo stesso, lo farò distendere sul mio divano e in caso diverso, se andassimo in cielo, con tutti quegli angeli la nostra professione sarebbe assicurata: una marea di pazienti.

A che punto siamo: verbo, prima persona plurale, siamo.

Designa un collettivo, ma questo collettivo non è quello rappresentato in questa stanza: mai venire meno a quello che si ha o si è. Il collettivo designato dal verbo plurale “siamo” è il collettivo di tutti, dell’umanità di cui ognuno di noi conosce solo una minima parte ma non ha nessuna importanza. È per questo che ho avuto motivo di parlare bene dell’eremita e di definirmi tale.
L’eremita può starsene nella sua stanza per gran parte del tempo così come può girare l’universo. Come ho già detto, egli ha due porte: una porta lo conduce a girare l’universo, l’altra porta è dove si riunisce con quelli che già può riconoscere come suoi amici, amici del pensiero. Potrebbe essere un cortile, un cortile interno, una sala da pranzo, un luogo di riunione, con pochi o tanti, non ha molta importanza.
Pochi o tanti non ha importanza, ha importanza tutti e se ha senso la parola relazione con uno è perché la dimensione della relazione di uno a uno è la dimensione della relazione con l’universo. Non fosse che quella relazione che è l’universo è indicata dal fatto che quando parlo si capisce quello che dico per chiunque, magari con la traduzione in altre lingue.
Non è vero che il traduttore è traditore, è troppo comodo, no: il traditore è un figlio di buona donna, è diverso. Nella frase traduttore-traditore si dà per scontato che: “Poverini, facciamo quello che possiamo, non si può che tradire”: niente affatto, è un figlio di buona donna, è diverso.

Bene, a che punto siamo. Tutti. Non è un gruppo che è designato da questo verbo, prima persona plurale. In questo caso per il gruppo più o meno numeroso vale quella parola che imparavo già al liceo, la parola conventicola. Mi piace la parola conventicola, detesto le conventicole. Non confondiamo tra parola e realtà da essa designata, o meglio denotata. …

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Pronunciato il 18 maggio 2013
Trascrizione a cura di Sara Giammattei
Revisione di Glauco Maria Genga
Testo non rivisto dall’Autore


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Data di pubblicazione: 05/06/2016