Seminario 2000-2001
IO. CHI INIZIA. LEGGE, ANGOSCIA, CONFLITTO, GIUDIZIO
NON RUBARE
Dell’anoressia o la virtù corrotta dell’integrità
Parlo a te. E questo «te» si riferisce a una definita persona seduta su una di queste sedie. Parlo a te e anche penso a te. Questo «te» non è anonimato; è motivato riserbo. E il non essere anonimato era molto bene da Lacan quando, se per caso, molto raramente, diceva nome e cognome di qualcuno presente in sala, aggiungeva subito «Tanto per non dire il suo nome».
Allora annotatevi questa serie di verbi, di verbi tutti transitivi. È stato l’ascoltare ciò che ho felicemente ascoltato questa mattina che mi ha consentito la messa a punto di questo momento. Quindi ringrazio. In fondo è la logica della nostra legge. C’è chi ha fatto un lavoro, e qualcun altro risponde con un lavoro, con un frutto del lavoro già fatto. E a chi la tocca la tocca, l’essere prima in quella o poi in quell’altra posizione.
Una serie di verbi, sette o otto: mangio, penso, amo, parlo, vedo, lavoro, agisco e sono. Sono tutti verbi transitivi; la nostra metafisica fa del verbo essere un verbo transitivo, del tutto in opposizione a millenni di altra metafisica.
Adesso coniugo tutti questi verbi. Quello che chiamerei «una coniugazione sana e salva». La coniugazione — e questo è un caso in cui il concetto di coniugazione linguistica e il concetto di coniugio coincidono — fa, voce del verbo fare, così: «mangio a te», «penso a te»; non «amo te», ma «amo a te», se amo «amo a te», «parlo a te», ma non è la stessa cosa del dativo che noi crediamo solitamente, — «parlo ad te»: anche per chi non ha fatto il latino, il moto a luogo è abbastanza evidente — «lavoro a te», «vedo a te», «agisco a te», «sono a te». …
Pronunciato il 7 aprile 2001
Trascrizione a cura di Gilda Di Mitri
Testo non rivisto dall’Autore