6° SEDUTA – OSSERVAZIONI

Seminario 1994/1995
“VITA PSICHICA COME VITA GIURIDICA”

 

 

Se la formula della clessidra è il concetto di comunione di beni, è il disegno di un regime di comunioni di beni, è una frase parzialmente pleonastica, in quanto la parola comunione non ha altro significato che quella di comunione di beni, per esempio nel diritto coniugale. Dunque neanche quello di “assunzione di beni”. Restiamo sempre in un concetto giuridico.

Risulterebbe che un handicappato è uno scomunicato. Da questo risulterebbe — stanto all’antica nozione di scomunica — che non si tratta con gli scomunicati: “Sia anatema!”. Potrei aver detto un errore, — ma non mi sembra — comunque una cosa non bene definita, deducendo la natura dello scomunicato quanto all’handicappato, ma così fosse, poiché con gli scomunicati non si tratta, ne risultano delle conseguenze quanto al trattamento degli handicappati: frasi, tecniche, iniziative.

Interessante perché allora diventa una questione di via: come si può trattare ciò che non si deve né si può trattare?

La domanda non è tanto assurda, perché abbiamo al nostro attivo il precedente freudiano. In un articolo notavo che Freud è arrivato a una cura dopo aver scoperto che non si possono curare le nevrosi, dopo aver fatto la scoperta che la psicoterapia non esiste. Scoperto che la psicoterapia non esiste, ha trovato la terapia. E’ facile da spiegare: la terapia in medicina è un atto transitivo, lei è malata, io sono il medico o viceversa ed è lei che agisce con quell’atto transitivo di curarmi.

La scoperta di Freud è che nella psicopatologia curare non esiste, quale che sia la sua perizia o la gravità o la vastità del mio male. E che dunque bisognava fare un certo ribaltamento. Per così dire rifare la costituzione, come in Italia si dice che bisogna rifare da capo le istituzioni.

Un’altra osservazione. Pensando all’interrogativo di Nietta: quando un Altro è conveniente a un soggetto? La mia risposta è senza esitare: quando è un Altro anche lui, almeno lui gode. O più all’antica il paesano del castello che si immaginava che il signore godeva. Il Re sì, Salomone sì, Davide sì.

A mio avviso la sola ragione per dire che sono tutti miscredenti è che a nessuno riesce neanche a venire in mente che Dio goda. Allora a cosa serve?   …

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Pronunciato il 10 febbraio 1995
Trascrizione a cura di Gilda Di Mitri
Testo non rivisto dall’Autore


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Data di pubblicazione: 05/06/2016