8° SEDUTA – IL PENSIERO DELLA DONNA FACILE

Seminario 2000-2001
IO. CHI INIZIA. LEGGE, ANGOSCIA, CONFLITTO, GIUDIZIO

NON DESIDERARE LA DONNA, E LA COSA, D’ALTRI
La nevrosi nell’impotenza della pura immaginazione

 

Solo un tocco. Intanto volevo fare un complimento per la mattinata, per la composizione della mattinata, per la costituzione della mattinata, nelle tre parti. Il disegno della psicopatologia, l’individuazione della psicopatologia attraverso la storia della letteratura, e non la storia della clinica innanzitutto, e lo diceva già Freud prima di noi: «Gli scrittori l’han già detto prima di noi», ma prendendo altamente sul serio questa affermazione: vero che il migliore trattato di psicopatologia è la trattazione che essa ha nella storia della letteratura. Ad ogni modo il tocco solo è questo: io trovo che è con una parola che sciogliamo le difficoltà, peraltro millenarie, in questo caso del «non»: «Non desiderare la donna d’altri». La parola è solo questa: basta mettere — dico io — i due punti al punto giusto; aggiungere due punti: «Non: desiderare la donna».
Il «d’altri» forse ho tempo di commentarlo fra un momento. Sono sufficienti due punti. Vedo se riesco a illustrarlo. Diciamo che mi servo al momento, così di passaggio, di un po’ di luci rosse. Ne ricordo una dei miei antichi tempi, primi tempi parigini, quando mi sono dato ascolto nelle mie curiosità sulle luci rosse, ossia ci sono andato. Non che qualche informazione precedente mi mancasse del tutto. Sarei in grado di salire in cattedra su una cattedra di storia della pornografia: è molto interessante. È passata dalla foto-grafia, dall’essere fotografica, all’essere solo grafica, di buoni disegnatori, eccellenti disegnatori, all’essere virtuale. Io ricordo questo filmetto, che incominciava in modo classico: la solita ragazza, bella ma inibita. Allora qui le solite storie: colpa dei preti, colpa dei rabbini, etc. Poi fa un certo buon incontro e viene introdotta al piacere, e lì tutta una serie di numeri… Ma c’è un finale che è solo a metà banale; è un finale classico: va all’inferno. In che cosa consiste l’inferno? Si vede questo stanzone un po’ bruttino, un po’ squallido, in cui questa ragazza visibilmente traboccante di concupiscenza da tutti i pori, si trova come unico rappresentante dell’universo un vecchietto ebete con il morbo di Alzheimer, per tutta l’eternità.

Che cosa è corretto e che cosa non è corretto in questo finale?  …

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Pronunciato il 9 giugno 2001
Trascrizione a cura di Gilda Di Mitri
Testo non rivisto dall’Autore


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Data di pubblicazione: 05/06/2016