8° SEDUTA – L’ INCONSCIO COME TEORIA «DE AMORE» O «DE LEGE» (CON ALTRI)

Seminario 1986/1987
“ODIO LOGICO”

 

 

Se l’Altro non fa dei favori, se l’Altro non è grazioso (da “grazia”) il risultato non è à la guerre comme à la guerre, à la vie comme à la vie, à lamour comme à lamour: in altri termini un’esperienza umana e una riflessione su di essa tutta agita nella questione della felicità… guarda caso l’utilitarismo ha come concetto centrale la felicità (mi sono chiesto se, in caso mancasse il lemma “felicità”, potrebbe esistere il pensiero utilitarista. Veramente non è giusto dire così, è una battuta: il rapporto tra una parola designante un concetto e la teoria cui appartiene quel concetto è un rapporto reciproco: ogni teoria si fa la sua parola e la parola “fertilizza” la messe di quella teoria).

Dunque non è così: se l’Altro non è favente, allora [ne conseguirà] la mia nevrosi, o psicosi (perversione è un’altra cosa). Ciò perché, se il brano di Agostino letto e commentato è giusto, senza risposta dell’Altro, reale, astratto, formale che esso sia, qualsiasi azione è impossibile. Non esiste, e questa è una delle riflessioni che devo alle solite riflessioni sul diritto considerato come un Altro formale che dà risposte, non esiste l’agente della mia azione. Queste osservazioni seguono pedissequamente i concetti freudiani punto per punto: cosa vuol dire “identificazione”? Trascuriamo l’identificazione misteriosa al padre, prendiamo invece l’identificazione di gruppo o l’identificazione isterica: essa è assumere come agente della propria azione un tratto di un Altro. È in quanto Altro che agisco la mia azione quale che sia, che consisterà nel fare un mestiere, nell’amare un certo tipo di cose o di persone, nell’avere certi gusti, nell’essere onesto o disonesto nelle mie azioni. Identificazione vuol dire questo: io sono “quello” nell’azione che compio: ricorda proprio la famosa frase paolina: “non sono io che agisco, ma è quello che agisce in me”.

In ogni caso senza un Altro non c’è azione, vale a dire non c’è soddisfazione pulsionale, non c’è limite, non c’è niente, eccetto l’angoscia! Se il moto pulsionale non può arrivare al suo termine ecco l’angoscia, se non c’è legge, ecco l’angoscia. È uno degli spostamenti che noi stiamo operando: l’angoscia non è per la perdita dell’oggetto, ma è per la perdita della legge.  …

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Pronunciato il 27 marzo 1987
Trascrizione e revisione a cura di Franco Malagola e Glauco Genga
Testo non rivisto dall’Autore


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Data di pubblicazione: 05/06/2016