Solo poche parole.
Non si parte di sicuro dalla domanda per la soddisfazione, non se ne parla neanche.
Accenno solo alla nascita della mia seconda figlia, Rachele, che appena nata, secondo la sua abitudine, rimasta peraltro, strillava pazzamente per il freddo, niente di più, oltre che per la dilatazione improvvisa degli alveoli, puro fatto fisico.
Io ho seguito l’infermiera che la portava nella nursery, appena adagiata nel bagnetto tiepido, si è addormentata. Soddisfazione.
Il pre-test, il test precedente della soddisfazione è quello, poi mia figlia se l’è vista nella vita col procurarsi da sé l’azione specifica procurata dall’infermiera.
Sulla giustificazione: tutti siamo stati un po’ vessati da questa parola. C’è solo un giustificato: che sia giustificato vuole dire che mi trovo le porte aperte alla sala da pranzo, mi trovo le porte aperte alla casa di qualcuno. Mi trovo le porte aperte.
Sono giustificato, sono considerato un giusto, vuol dire semplicemente uno a cui si possano aprire le porte: scendiamo, facciamo ‘cala-cala’. Cosa dicono i teologi delle giustificazioni? Ho la porta aperta – non sono un facilista –, si chiama Regno dei cieli, mi è dato di entrare in tutte le porte.
Sono giudicato affidabile, è questa la giustificazione.
Per questo si dice il giusto dalla fede, non dalla fede come l’abbiamo pensata tutti, dalla fede perché sono diventato in grado di saper che quello lì è o non è affidabile, applicabile anche a Dio, Gesù Cristo, alla Madonna, a quello che volete voi.
Ho il mezzo per il giudizio di affidabilità. La parola fede non ha nessun significato – a parte che è mistificatoria –, al di là del giudizio di affidabilità. Non mi dilungo ricordando e dicendo che il giudizio di affidabilità è bi-composto, innocenza e non contraddittorietà.
Ripeto, affidabile vuol dire che quello lì può entrare a casa mia.
Pubblicato su societaamicidelpensiero.it
Pronunciato l’11 giugno 2016
Trascrizione a cura di Sara Giammattei
Revisione di Glauco Maria Genga
Testo non rivisto dall’Autore