Un mio Prof di Liceo, un reazionario tanto esemplare da suscitare la simpatia di qualsiasi rivoluzionario, egregio latinista e grecista, sapeva essere una pregevole peste bubbonica:
nel primo anno del Classico un mio compagno di scuola, richiesto di tradurre in latino “Vieni qui” rispose “vene huc”, e mal gliene incolse perché il suo errore (avrebbe dovuto rispondere “veni huc”) gli valse spietatamente di venire poi sempre chiamato “Venehuc” per tutti i tre anni di Liceo.
Dedico questo articolo a tutti i Venehuc patologici del mondo, ossia a tutti coloro che, banchi di scuola a parte [1], si impuntano invariabilmente nel loro errore patologico, tanto da essere dei Venehuc per tutti.
Non che non se ne accorgano (la coscienza va a “nozze” con psicosi e perversione), ma secondo la durezza della loro rimozione-negazione diventano sempre più, giorno dopo giorno, dei paranoici – poiché in fin dei conti a nessuno sfugge nulla, tutti sono dei diagnosti involontari –, fino alla variante querulomane.
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[1] Mi ci sono voluti anni per capire, neanche l’errore del mio compagno ma la sua categoria di errore: quella di non avere risposto “non lo so”. Cambierebbe tutto rispetto al dare una risposta forzosa (vene) derivante dall’ignoranza patologicamente ignorata.
giovedì 31 gennaio 2013
Pubblicato su www.giacomocontri.it