Sono dispiaciuto di dovere dare torto a Eugenio Scalfari, le cui considerazioni seguo spesso con interesse.
In questo caso Scalfari si porta latore di un equivoco che peraltro condivide con i clericali:
infatti il suo articolo è intitolato “Una Chiesa che scambia il sacro col profano” (Repubblica, 13 gennaio 2008).
Ma non è questo il clericalismo, bensì quello – trasversale a tutte le fedi o non fedi, alle Chiese, ai Partiti, alle Culture – che confonde, anziché distinguerli radicalmente, sacro e santo.
In ciò erano già clericali i Greci – clericali della Teoria e dell’Epi-stéme, cui pochi hanno accesso –, e con loro molti altri.
Il clericalismo nella storia del Cristianesimo è iniziato con la coniazione della parola e ossimoro “sacro-santo”.
“Sacro” significa il limite di un recinto, off limits, quale che sia il contenuto del recinto, non necessariamente religioso.
“Santo” si riferisce solo a un individuo, mentre “sacro” si riferisce a una “cosa”, e una cosa astratta e generica, sovrastante e sovrapposta, tanto che si dice “Il Sacro” cioè un Oggetto tra i tanti di cui sto facendo l’inventario:
tra i quali “La Madre” distinta dalla donna, “La Donna” ostacolo alla donna, in cui colgo il prototipo del “Sacro”:
“La Madre” e “La Donna” sono degli avatara del clericalismo:
il clericalismo è la notte nera in cui tutte le vacche sono nere. …
Pubblicato sul sito www.culturacattolica.it venerdì 22 marzo 2013