Lo hanno fatto in pochi:
sono quelli che mi fanno compagnia, amici del pensiero mio e altrui.
Uno di questi è Francesco di Assisi (ho appena ripubblicato sette miei pezzi su di lui):
l’unico errore che abbia commesso è stato segnalato recentemente da Maria Delia Contri, quello di domandare autorizzazione della sua Regola al Papa (Innocenzo III):
ammetto che è difficile rimproverargli questa limitazione della sua laicità, limitazione all’avere pensato che anche lui parlava urbi et orbi:
ossia che anche lui rispondeva alla domanda fatta a Gesù “Con quale autorità tu parli?”
Anche oggi resta quasi impensabile che uno possa autorizzarsi da sé non per selvaggeria spirituale né per la spontaneità del vento, bensì come realizzazione ponderata del diritto (“permesso giuridico”) affinché sia diritto.
Contestualmente, ho già osservato che l’idea francescana di povertà non riguardava anzitutto la Chiesa e la sua morale, bensì la Civiltà, ossia il salario come quello che fa del lavoro una merce e del lavoratore il bagaglio appresso della merce, benché giuridicamente libero di venderla (oppure disoccupato e affamato perché nessuno gliela compera).
É stato poi Marx (Lavoro salariato e capitale) a porre in luce il nesso lavoro/salario (vedi il mio Marx e Francesco, uomini di pensiero, 13 dicembre 2011). …
Pubblicato sul sito www.culturacattolica.it martedì 2 aprile 2013