Che cosa vedono l’asino e il bue?
Asini e buoi non vanno dallo psicoanalista
Da pari loro, asino e bue vedono solo un bambino, un’entità biologica percettivamente distinguibile da loro. Un bambino non un in-fante, che asino e bue non possono vedere perché non lo sanno distinguere.
“Natale” ha assunto due sensi confliggenti:
1° il senso patologico e ormai tradizionale: “Gesù bambino” che noi associamo, con materializzata allucinazione, a “Babbo natale”, ossia la morte di padre e figlio sottintesa a una “Madre” mortifera e “buona” ontologicamente ossia inesistente nella sua oscura Idea eterna;
2° oppure il senso salutare.
Tutto sta in questo “oppure”, che peraltro è facile cogliere testualmente-esegeticamente.
Infatti il senso del Natale è tutto segnalato dalla visita di Re (“Magi” qui interessa poco se non favolisticamente). Che cosa vedono i tre Re? Vedono un Re. Distinguono un Re. La loro è una visita ufficiale da Re a Re, con rituale fastoso: non regalano orsetti di pélouche ma oggetti preziosi che solo un adulto di alto rango potrebbe apprezzare. Tutti sanno che la sovranità segna l’intera esistenza fin dal neonato.
E un sovrano non ha “la mamma”, semplicemente usufruisce di certe cure per un certo tempo. Per di più, se immaginiamo la Madonna come persona altolocata (come i testi rendono ragionevole congetturare), almeno parte di tali cure risultano delegabili a vantaggio di altre. É sensato che alcuni pittori, tra altri Botticelli, abbiano rappresentato la Madonna in atto di insegnare il Libro al figlio ossia erede, unico significato del nome “figlio”.
Questa narrazione, creduta o meno, dovrebbe aiutarci a evitare l’errore comune e pericoloso di infantilizzare il neo-nato (meglio che “bambino” cioè una parola già infantilizzata) in una sorta di Nirvana materno. …
23 dicembre 2004
Pubblicato su www.studiumcartello.it