Già da molto giovane mi infastidiva sentir dire che ai dogmi ci si crede ed è fatta, per esempio che a messa si recita il Credo e finita lì, poi magari usciti da lì si faranno opere di carità o di politica.
Questa categoria di credente dà ragione a quell’illuminante battuta di J. Lacan che dice:
“Non si sa mai bene che cosa credono quelli che credono e che cosa non credono quelli che non credono”.
Io vorrei fare osservare la praticità dei dogmi, intendo praticità discorsiva ossia i pensieri che abbiamo, le frasi che diciamo e le azioni che a pensieri e frasi si conformano:
lo voglio mostrare riferendomi a un preciso dogma, quello dell’ascensione.
L’ascensione è il discorso nitido, formale e alternativo di Gesù, e la fede sta nel credere che lui lo abbia perseguito dall’inizio fino a metterla in pratica.
Bisogna prestare attenzione a questo “perseguito”:
significa desiderato e coltivato, ossia che diventare e restare un uomo per Gesù era soddisfacente e desiderabile, e che era un profitto rispetto a non esserlo affatto:
ecco il senso dell’incarnazione, non quello di un sacrificio amoroso, né di una divina messinscena educativa come dicevano i docetisti. …
Pubblicato sul sito www.culturacattolica.it sabato 29 ottobre 2011