“La guerra che era infuriata in strati profondi, non era pervenuta a conclusione: essa prosegue ora, come nel dipinto di Kaulbach sulla sconfitta degli Unni,
in una regione superiore”
Freud, L’io e l’es, (1922) cap. 3: “L’io e l’Ideale dell’io”.
Da anni promettiamo un Trattato di Psicopatologia senza mantenere la promessa.
Il ritardo è ora spiegabile: mancava l’anello che collega la psicopatologia con i “vizi capitali”, tradizionali sì ma riveduti e corretti dal collegamento o scoperta. Meglio: mancava il collegamento con i vizi capitali come vizi logici, perché il nesso vizi capitali-psicopatologia era già stato riconosciuto nel 1996-97 (Seminario della Scuola Pratica di Psicopatologia: Giacomo B. Contri, Il vizio di gola e l’anoressia, 10 ottobre 1996).
Freud, giudicava J. Lacan, ha fatto rientrare la psicologia nell’ambito della morale (tutta la Psicologia novecentesca gli si è opposta su questo punto, unica ragione dell’opposizione alla psicoanalisi).
Rilanciamo e rinforziamo questo giudizio, facendo rientrare la psicopatologia nell’ambito dei vizi capitali, ossia dell’imputabilità.
Ne risulta una profonda revisione della configurazione medioevale dei vizi.
Esempi: l’anoressia mentale è un caso di vizio di gola; l’amore cortese (l’Ideale “La Donna”) è un vizio di perversione; i disturbi sessuali sono vizi di lussuria; il “narcisismo”, che informa o comanda l’innamoramento, è il vizio di superbia (nell’innamoramento uno è oggetto, come Ideale, non partner); seguiranno sorprese su avarizia e invidia.
C’è un’eccezione medioevale, Alberto Magno maestro di Tommaso d’Aquino, nel suo riuscire a configurare la fattispecie perversa della “virginitas diabolica”. In generale: nessuna morale tradizionale ha saputo articolarsi con la psicopatologia, né isolare la perversione. …