SABATO DOMENICA 7-8 LUGLIO 2012
in anno 156 post Freud amicum natum
Per la verità, Dante scrive “donna di province”, però …
In partenza c’è il celebre verso dantesco (Purgatorio VI, 78) in cui il buon Sordello di Mantova proferisce questa lamentazione sull’Italia:
non donna di province, ma bordello!
Si tratta della domina provinciarum, l’Italia appunto, signora o principessa, del Codex iuris di Giustiniano (“non est provincia, sed domina provinciarum”), che a sua volta riprendeva la Lamentazione I, 1 di Geremia su Gerusalemme, la domina gentium o provinciarum ridotta in servitù.
Ebbene, al Liceo io e alcuni compagni blasfemi nei confronti di qualsiasi testo ci chiedevamo in che cosa fosse meglio una donna di provincia con le sue provinciali virtù rispetto a una p…na:
la letteratura ottocentesca si è occupata della questione, tra altri esempi quello della Signorina Fifì di Maupassant:
blasfemi e scandalosi ma non stupidi.
Nella modernità “provincia” significa distanza incolmabile dal cuore dell’impero, parvenu che non arriva mai a parvenir per quanti sforzi faccia nel maquillage sociale, culturale, morale:
diversi anni fa dicevamo ancora “piccoloborghese”, ma c’è stato nell’ex PCI chi si è affrettato a censurare questa parola-giudizio.
Domani aggiungerò degli esempi.
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