Certo un vincolo lo ha, ma esente dall’idea servile che molti hanno di ciò che è vincolo, trattandosi di legame con il partner di cui tiene il posto (“vicario”):
nel dire la sua, il suo caput sta al posto del caput di uno fisicamente assente, ma positivamente e logicamente presente per mezzo del suo caput – quello di uno che non aveva fatto che dire la sua-, attestato bene o male da quei celebri quattro libretti storicamente datati e da alcune altre pagine:
rinvio l’esame della natura o meno di tutte queste pagine come singolare Talmud, osservo soltanto la loro purificazione:
non parlo della “purezza” astratta kantiana – astratta da interesse e passione, ossia dall’incarnazione e dall’ascensione -, bensì della loro purificazione dall’ellenizzazione ebraica sia d’epoca che successiva:
non mi vedo proprio Gesù, coltissimo, filosofo controcorrente ma certo non teologo (patrologo semmai), che traduce Esodo 3, 14 con “Io sono l’essere”, o predicare l’ontologia dopo avere detto che l’ente (l’albero) si giudica non dall’ente bensì dai frutti:
conosco bene il coro scandalizzato che mi obietta che Gesù parlava da etico e non da logico o filosofo:
a parte il fatto che il parlar etico è opera da logico e filosofo:
ma continua a essere egemone anche in parrocchia l’immagine hollywoodiana di Gesù come folle ispirato imbonitore di folle:
i Re maghi per primi (mi ripeto) lo avevano capito, tanto da regalargli oro incenso e mirra, regali da Re (almeno dell’intelletto), non orsetti di péluche.
Di questo pensiero mi esercito da anni a redigere gli articoli (“l’albero si giudica dai frutti”, “a chi ha sarà dato”, eccetera, tutte proposizioni nitide e di cui sono riconoscibili le negazioni, opposizioni, deformazioni):
è senza timore di svergogna che definisco il pensiero di Gesù come formula del principio di piacere già maturato come principio di realtà, e proprio per questo promuovo come valida l’espressione “dire la sua”, personale quanto altre mai nel suo caso.
Tra cento paragoni, faccio osservare che a tanta razionalità e modernità universalizzante si è opposto proprio un moderno, I. Kant, che le ha contrapposto la sua dubbia moralità imperativa del non dire affatto “la sua”, e proprio in ragione dell’universalità (disinteresse, spassionatezza):
invece Gesù ha asserito (creda chi vuole o può) l’umanità con interesse e passione ossia come profitto anzitutto suo proprio, in diretta opposizione al pensiero antico (Platone, Budda) e moderno del corpo come perdita. …
Pubblicato sul sito www.culturacattolica.it venerdì 5 febbraio 2010