Benvenuti. Grazie anche a chi è stato di molto aiuto: Glauco, Lucia, e chi altro ha usato le braccia e la testa per predisporre quanto utile alla giornata.
Carla Maria e Pietro hanno preparato una rassegna dei temi, dei titoli di ciò che abbiamo fatto in questi sette anni, da quando abbiamo una giornata di fine anno. Se si vedesse qui su una lavagna la sequenza dei titoli, il solo vederla, leggerla e rileggerla, se uno fosse l’ultimo arrivato, arrivato oggi, gli farebbe guadagnare la metà del tempo per introdursi alle cose che diciamo, che operiamo.
Ho cominciato così per introdurre il titolo che darei oggi: due anni fa il tema era Vent’anni dopo: ora non dico il cosa, ma sottolineo il dopo in questo momento, perché dopo è un avverbio di tempo importante oggi perché con esso osservo, constato che noi siamo una comunità di lavoro. Non ho affatto detto un gruppo e già c’è una distinzione: non è un gruppo che lavora insieme; una comunità è un legame in cui è sempre il singolo o l’individuo, che è una parola che a me piace, ad altri no, a operare, a compiere atti: non esistono atti di gruppo. È anche un modo per dire che cos’è un legame giuridico: nel diritto l’atto è sempre dell’individuo. Dunque, una comunità di lavoro.
Il titolo dello scorso era stato Non abbiate scrupoli e come proposta anche morale, ma subito intellettuale: la considerazione era stata che lo scrupolo è un fatto patologico e stante la quota parte di non moralità di tutto il patologico, il non avere scrupoli è morale e sano. Aggiungerei: non avere scrupoli a ripartire sempre da un dopo che è segnato, è indicato, in parte o per il tutto, di ri-indicarlo.
Il tema che mi è sembrato proponibile oggi è il passaggio, basterebbe la parola passaggio. Lo posso completare: si tratta di passaggio all’atto. Il mio compito, come già in momenti precedenti, è solo quello di fare il punto, ma prendendo del tutto alla lettera questo. …
Pronunciato il 6 luglio 1997
Trascrizione a cura di Gilda Di Mitri
Testo non rivisto dall’Autore