SABATO DOMENICA 26-27 SETTEMBRE 2015
in anno 159 post Freud amicum natum
Le correnti disastrose idee amorose, anzitutto quelle riferite a uomo e donna, fanno perdere all’uno e all’altra i benefici derivabili dalla reciproca partnership, fatta per produrre frutto:
uomini e donne non si sanno s-fruttare – peccato! alla lettera –, fino a ignorare la rispettiva capacità di frutto:
è questa l’im-potenza sessuale, l’altra ne deriva come dispetto.
Tutto è sempre e solo questione di potere:
il primo, e l’ultimo, è fatto di pensiero.
Si dibatte sempre, con la noia del patologico, di famiglia etero e omo:
ma è la famiglia a non essere mai stata un gran che, neppure per i figli:
nell’uno e nell’altro partito si difende il non-gran-che.
Ci si sarebbe potuto aspettare di meglio dal cristianesimo per il fatto di averla rilanciata, si doveva farne una SpA (“una sola carne”):
ma nel sacra-mento è prevalso il sacri-ficio, la tolleranza come sopportazione, e per di più si è fatto dei figli ciò che non si doveva ossia dei frutti (i frutti si mangiano o vendono, non pensano e non camminano):
si poteva sì prospettare l’indissolubilità, ma solo un’Azienda funzionante non si dissolve.
Ma ciò che dico dell’impotere amoroso, non dei sessi bensì della loro differenza, è solo il compendio di ciò che ne dice Freud come “nervosismo moderno”:
non che gli antichi se la cavassero meglio, ma la modernità si è illusa della sua modernità.
É sempre del verbo “potere” che si tratta, e dell’invidia che denomina l’imperativo degli imperativi:
che nessuno deve potere, un imperativo rimasto moderno (c’è chi direbbe “secolarizzato”):
ne è debitrice la povertà materiale (lo si verifichi).
Pubblicato su www.giacomocontri.it