Kill Bill è un Teorema incarnato in una carne narrativa, il teorema imperativo del parricidio: Kill Father.
Una donna appena saputasi incinta trasforma istantaneamente l’informazione di laboratorio in una conversione all’Occulto: ed ecco “La Madre” (si veda l’articolo “Madre” in “L’Ordine giuridico del linguaggio”).
Subito lascia il compagno e padre del concepito per sposare un uomo di paglia, e proprio perché tale. Il suddetto padre si arrabbia un po’, ma la sua violenza nonché simpatica perspicacia non gli risparmia di essere anche lui uomo di paglia.
É la Teoria madre-bambino – una delle forme principali della Teoria dell’amore presupposto o postulato dell’amore “materno”: con virgolette perché qui il significato è occulto – come nocciolo oscuro, rivestito questa volta dal sepolcro imbiancato di una vicenda narrativa con tutti gli incredibili e ormai tradizionali ingredienti spadaccino-giapponesi che sappiamo.
Questa donna a partire dal momento in cui ha visionato il test di gravidanza, per un tipico effetto di un reale (il test) nella psicosi si converte come sulla via di Damasco alla Teoria dell’amore presupposto, ovviamente “materno” (la conseguenza è che anche tutte le madri reali sono morte nell’Ideale: curioso che le donne non protestino).
Tutte le conseguenze omicide di massa che abbiamo visto sullo schermo contrastano ridicolmente con il fatto che dal sapersi prossima madre dovrebbe, come lei stessa dichiara, cessare di fare l’assassina di professione. Qui c’è passaggio dal fare all’essere: ontologia omicida. …
24 settembre 2004
Pubblicato su www.studiumcartello.it