Questo è un lapsus che ho appena udito per l’n-esima volta, con n non piccolo.
Non molti sono disposti a prenderlo sul serio, io e pochi altri sì:
ciò non impedisce che io abbia sposato, ma è perché giudico che una persona normale ammette nella sua vita il compromesso riconosciuto come tale senza rimozione:
compromesso che pratico avendo sempre presente spirito e lettera di quel single, o eremita moderno, di cui ho scritto più volte, quello la cui abitazione ha due uscite distinte, e che costituisce uno status di vita a pieno titolo (niente “signorine” dette “zitelle” né “signorini” magari attempati).
La prima volta che ho pensato il single è stato a proposito dello psicoanalista, per poi averne una concezione estensiva:
è la medesima distinzione che faccio tra pensiero di natura, o regime dell’appuntamento, e psicoanalisi come una sua applicazione.
Il mio single non solo non esclude il coniugio ma lo reintroduce senza il vizio storico del matrimonio (istorico-isterico):
fedeltà compresa mai scoperta nella sua essenza, un’essenza non sessuale (la guerra di Troia non è scoppiata perché Elena era un po’ … troia).
E non esclude neppure i figli, e senza coppie gay, cui il matrimonio tradizionale non può resistere:il single è implicato dalla “castrazione” riveduta e corretta come caso di “talento negativo”, ossia dalla differenza sessuale senza obiezione all’altro sessuato.
Questo lapsus è da elaborare in ogni sua implicazione, e sullo sfondo della lunga storia compromissoria e compromettente di questo Istituto.
Il lapsus fa il paio con quello occorso più volte nella recita del “Padre nostro”:
“rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri genitori”.
PS
Quanto ai figli – che io definisco come eredi, regolarmente abortiti -, vorrei un giorno scrivere un breve saggio giuridico sulla filiazione morganatica, con eredità anticipata, esente dall’eredità patologica dei genitori (“le colpe dei padri ricadono sui figli”).
mercoledì 24 settembre 2014
Pubblicato su www.giacomocontri.it