Simposi 2013/2014
LA PRIMA RAPPRESENTANZA E LA PSICOPATOLOGIA
Due parole per introdurre, a braccio e senza neanche un appunto sott’occhio.
La parola rappresentanza è una delle parole più comuni sulla faccia della terra.
Lo dico perché qualcuno ha avuto una reazione che già conosco e che è stata anche di altri, commentando: “Ah, ma questi qui introducono sempre dei termini nuovi”.
Semplicemente questo termine è usatissimo, credo, soprattutto in Italia per via di alcune vicende. In certe cose, forse nel peggio, l’Italia è sempre in progresso sugli altri: il fascismo l’abbiamo inventato noi, non me ne vanto ma l’abbiamo inventato noi. Non vado avanti sulle cose che abbiamo inventato.
Pensate che Freud nasceva a metà Ottocento ed era ormai noto all’inizio del Novecento, quindi è passato un bel po’ di tempo, ma niente, il tempo passa per niente. Questa è una frase errata che correggo subito: non è vero che il tempo passa per niente: non un minuto passa per niente, passa o per progredire o per regredire, solitamente per regredire e la regressione non è soltanto ritornare ad uno stadio anteriore, sia maledetta la parola stadio; non ci sono gli “stadi psichici”. Si regredisce per costruire un costrutto patologico e patogeno.
La novità impensata – e il peggio è che per molti è impensabile, cioè con opposizione alla pensabilità, con regressione della facoltà di pensare – è che la rappresentanza, proprio quella del Parlamento e, tra un momento lo ridirò, quella della Carta d’identità, è una nozione corrente, persino triviale e si applica anche a ciò che diciamo fra un momento.
Prima di dirlo faccio osservare, ed è già implicito in quel poco che ho detto, che stiamo parlando di cose facili, semplici, alla portata di tutti. È una buona occasione per riscoprire – perché ormai dovrebbe essere stato scoperto – che noi ci opponiamo o comunque abbiamo difficoltà nel facile, non nel difficile. Del tutto contrariamente a quello che ci fanno credere a scuola, è il facile, è l’accessibile – così ho tradotto la parola facile con un sinonimo – quello a cui facciamo obiezione o con il quale almeno abbiamo difficoltà. È verso il prendibile che la mano non si allunga.
Posso spendere subito una delle parole più importanti e anche questa dell’uso più comune: il prendibile si chiama anche eccitamento e vorrei dire che non esistono non eccitamenti. Già da molti anni ho fatto osservare che eccitamento è il significato della parola vocazione, del tutto depurata dalle sue scorie vocazional-religiose. …
Pronunciato il 16 novembre 2013
Trascrizione a cura di Sara Giammattei
Revisione di Glauco Maria Genga
Testo non rivisto dall’Autore