Non faccio mai lo spiritoso, documento ciò che dico.
Quando scriveva Per la storia del movimento psicoanalitico (1914) Freud aveva già sperimentato l’inconsistenza (concetto logico) dei suoi sedicenti seguaci, e l’avrebbe sperimentata di nuovo con flagranza anni dopo (1926-27, a proposito dell’analisi dei laici):
si è dunque risolto a fare il papa (documenterò questa parola), e papa-eremita (ho già detto e ridetto che “eremita” non significa solitudine).
Faccio precedere il linguaggio di Freud-papa nel primo paragrafo del suddetto Per la storia:
“Nessuno dovrà stupirsi del carattere soggettivo e della parte che alla mia persona è assegnata nei contributi che mi accingo a fornire sulla storia del movimento psicoanalitico. La psicoanalisi è infatti una mia creazione; per dieci anni sono stato l’unica persona che se n’è occupata, e tutto il disappunto che questo nuovo fenomeno ha suscitato nei contemporanei si è riversato sotto forma di critica sul mio capo. Mi ritengo dunque autorizzato a sostenere che ancor oggi, pur non essendo da tempo l’unico psicoanalista, nessuno meglio di me può sapere che cos’è la psicoanalisi [sott. mia], in che cosa essa si differenzi da altri modi di indagare la vita psichica, e che cosa con il suo nome si debba intendere rispetto a quello che sarebbe meglio indicare con una diversa denominazione. Rifiutando fermamente quello che a me sembra un atto di illecita usurpazione […]”. …
Pubblicato sul sito www.culturacattolica.it lunedì 11 giugno 2012