Ambiguo è il nostro rapporto con l’invidia, la passione dell’invidia. In questo convegno qualcuno ha già notato un curioso “progresso” culturale a suo proposito, occasionato senza intenzione anche dal convegno per il solo fatto di avere questo tema: mentre tradizionalmente l’invidia è considerata la peggiore delle passioni – tutte ma non questa! – la più nera, vergognosa, disumanizzante; invece ai giorni nostri ci si è messi a classificarla tra i doni, benché infelici, del vaso di Pandora della nostra civiltà.
L’atteggiamento tradizionale è bene espresso da Dante. Che, esperto di vizi, li colloca nel Purgatorio ma con un trattamento speciale per gli invidiosi, a essi riserva un anonimato assoluto, non essendo neppure nominati per mezzo della parola “invidia” che li connota. Essi figurano soltanto come la controparte dei superbi – che straziano – rappresentati da Filippo Argenti, la cui personalità infernale spicca con una luminosità che un Inferno che si rispetti non avrebbe forse dovuto concedergli. All’opposto, per gli invidiosi, nessuna concessione, la quasi inesistenza civile è il loro inferno: sono solo “fangose genti”, boia anonimi, fuorilegge.
Il nostro recente atteggiamento culturale appare mutato: non si tratta forse di plauso morale, ma almeno di legittimazione all’esistenza civile, qualcosa come democrazia per tutti e per tutte le passioni. Non siamo proprio a “invidioso è bello”, ma nessuno è sorpreso né offeso se si descrivono tanti comportamenti, individuali, collettivi, istituzionali – tutti esistenti in forma legittima – per mezzo del concetto e della parola invidia. …
Intervento di Giacomo B. Contri al convegno “L’invidia. Aspetti sociali e culturali”, svoltosi a Milano il 9 e 10 giugno 1989, per iniziativa dell’Assessorato ai Servizi Sociali e Cultura della Provincia di Milano.
Gli atti del convegno sono stati pubblicati da Scheiwiller, Milano 1990, a cura di Gustavo Pietropolli Charmet e Massimo Cecconi.
L’intervento di Contri è a pp. 133 – 137.