Verso il termine della sua vita (1881-1942), Stefan Zweig scriveva:
“Inerme e impotente, dovetti essere testimone della inconcepibile ricaduta dell’umanità in una barbarie che si riteneva da tempo obliata e che risorgeva invece col suo potente e programmatico dogma dell’antiumanità” (Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo 1941).
Sbagliava soltanto nel titolo Il mondo di ieri, essendo il nostro di oggi, il che mi rende consenziente con il significato giovanneo della parola “mondo”.
L’antiumanità dovrebbe essere una scoperta, non solo il nome di un argomento morale:
devo a Freud come fonte l’umanità come scoperta mai fatta.
venerdì 16 dicembre 2016
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