3° SEDUTA – LA GUERRA DEI VENT’ANNI

Seminario 1995/96
“Aldilà. Il corpo”, 2

 

 

  1. Il corpo parla come «Io»

«Aldilà» è la nostra parola più importante, ancor prima di «università», «legge», «diritto», «principio di piacere». Persino più importante di «salute», «salvezza», «felicità», «desiderio», «soddisfazione», «godimento», «intelletto», «ragione». Il concetto di aldilà appartiene al pensiero realistico e non ideale, né idealizzatore, idealistico o escatologico. «Realismo» non significa che l’occhio vede e la realtà si lascia vedere; «realismo» vuole dire «corporalismo»: il reale è il corpo. Ricordo la frase di uno psichiatra: «Sappiamo che il corpo non parla, siamo noi che parliamo»; noi, invece, diciamo che il corpo parla come Io, ossia la forma del corpo che parla è Io. «Parla» non è da intendere «si parla», è proprio: «il corpo parla».

Per potere investire su una parola svalutata come «felicità», bisogna passare per quello che diciamo, perché se la felicità è un ideale, non solo merita di essere svalutata – come si dice della moneta che non vale niente – ma tanto vale allora mandarla completamente a picco. Riguardo alla felicità non vi è nulla da idealizzare: la felicità è un moto già costituito in cui il corpo – già aldilà – trova un termine descrittivo del proprio essere in moto per la meta, ossia per la soddisfazione. Tutt’al più il corpo, il cui moto si chiama già «felicità», può essere sconfitto nel suo moto già reale. Solo l’idea di «sconfitta» può opporsi a quella di felicità. Invece, allorché in principio è posto un ideale, il reale ne costituirà sempre una obiezione, perché l’ideale è il principio stesso della nostra deludibilità e ingannabilità, tanto quanto è il principio della distruzione offensiva del reale.

2. Pretestuosità della contesa

Occorre correggere il concetto più corrente di famiglia, in base alla quale i figli vi apparterrebbero in virtù del regime di contratto familiare che lega l’uomo e la donna che si sono sposati. In realtà i figli sono esenti dal contratto matrimoniale, esso non li obbliga in nulla; il regime cui appartengono è lo stesso regime di obbligazione che può sorgere fra te e me, se ci incontriamo e proviamo simpatia reciproca. Il matrimonio non comporta alcuna obbligazione per i figli; anche nel matrimonio religioso il sacramento riguarda il papà e la mamma, anzi quell’uomo e quella donna.

Pensate alla vostra personale biografia (se siete riusciti a ripercorrerla, cosa rara salvo un certo metodo): l’obbligazione dell’altro – adulto – verso il bambino, preso come soggetto, nasce solo a partire dal fatto che il bambino fa delle mosse: è lui a muoversi perché nasca il rapporto. Fino a prima di: «Allattandomi, mia madre…», non c’è nessun rapporto. Se il rapporto comincia, è perché il bambino fa delle mosse in cui si impegna – senza sapere troppo cosa sta facendo –; le sue mosse impegnano a rispondere, fanno assumere, fanno adottare.  …

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Data di pubblicazione: 05/06/2016