4° SEDUTA – ATENE E GERUSALEMME. OSSERVAZIONI

Seminario 1995/1996
“VITA PSICHICA COME VITA GIURIDICA 2”

 

 

Non c’è un argomento per intellettuali e un argomento per clinici; la facoltà di lettere e poi la facoltà di psicopatologia. Il proprio di ciò che diciamo è questo nesso, questo corrispondersi punto a punto tra la seduta di oggi e il libro letto; è quello che si chiama «fare una ricapitolazione».

Al Corso di tre anni fa parlavamo dell’handicappato che fa, alla lettera, l’inferno in famiglia, contribuendo più di tutti gli altri – dopo che è diventato handicappato – all’andare a rotoli della sua famiglia: l’odiosità è la sua militanza. Ho imparato a detestare l’espressione «povero cristo» rivolta al drogato o all’handicappato: è più moralmente umano il giudizio di «criminale». La psicopatologia arriva lì. Il pensiero dell’inferno ricostituisce la premessa per potere pensare la salute e la guarigione: risulta più interessante pensare alla guarigione psichica come impossibile, anziché secondo la prospettiva progressiva della scienza che dice che questo non è ancora possibile oggi ma lo sarà domani. Anche la possibilità della guarigione del sintomo minimo esiste solo a condizione della invenzione di un altro ordine di possibilità: l’idea del «possibile» diventa seria a partire dal pensare che, sulla strada dove già esiste una patologia, la guarigione è impossibile. In alcuni appunti lasciatimi da Raffaella Colombo c’era la citazione di un Salmo. La prima frase annotata riguarda l’odio e rappresenta la domanda a chi ha facoltà di generare salute: «Salvami da coloro che mi odiano» e, aggiunge, Senza motivo. L’accento è posto sull’odio autonomo, non motivato dal furto subìto, dall’offesa ricevuta, dalla ferita inflitta. L’odio diventato principio per sé stesso esiste, non è solo una possibilità teorica. Noi abbiamo fatto un passo in più che ci ha condotto a dire che la parola «psicopatologia» è adeguata per esprimere questo tipo di odio, ossia che nell’odio non si tratta di una pura e semplice classificazione monomorfa di vizi morali.

Raffaella Colombo menzionava anche il caso delle due persone che stanno insieme da tanti anni, per le quali «tutto va bene»; ma il giorno in cui non va più bene, una delle due obietterà all’altra qualcosa accaduto vent’anni prima, un delitto che – se si fosse trattato del codice dello Stato – sarebbe ormai caduto in prescrizione.  …

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Pronunciato il 12 gennaio 1996
Trascrizione a cura di Gilda Di Mitri
Testo non rivisto dall’Autore


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Data di pubblicazione: 05/06/2016