Corso 1997/1998
UNIVERSITÀ. CHE COSA POSSO SAPERE
Io stesso non so come ringraziare e non lo faccio: mi astengo. Lavoriamo nel limite temporale consueto. Amerei molto che potessimo lavorare nella forma dell’articolazione della discussione che passa sia per la struttura dell’esposizione, sia per i particolari. Il limite anzidetto non ce lo consente.
Tutto il mio compito è nel rivolgere ad ambedue i nostri due amici una domanda sola, che ha più formulazioni, invitando a rispondere a questa domanda, che ritengo abbia la caratteristica di essere implicitamente già nel mirino di ciò che abbiamo ascoltato.
In ogni caso mi andrebbe di riprendere alcuni particolari punti che mi piacciono, per esempio la distinzione fra giudizio e coscienza è particolarmente rilevante. All’idea che la coscienza è sempre in ritardo: applausi a scena aperta! Io direi che fa bene a essere in ritardo, non deve correggersi dall’essere in ritardo. È la funzione della coscienza l’essere in ritardo. Si patologizza allorché si mette davanti.
O altre frasi, come l’essere uomo è il paradigma dell’essere ente.
Costantino Esposito sa che utilità ha avuto per me un anno fa il suo lavoro su Suarez.
Un primo modo di formulare la domanda è: raccogliendo la questione formulata pochi minuti fa da Francesco Botturi «da dove viene il sapere che la cosa è?», la mia risposta è: il sapere che la cosa è viene dal lavoro investito in quella cosa o investito da quella cosa. Avevo forse neanche 18 anni quando giurerei forse in questa stessa stanza ho visto il tipico gesto filosofico che poi ho sentito e visto ripetere da una certa classe di filosofi: ossia la manata sul tavolo accompagnata dalla frase «È evidente che questo è un tavolo». Allora mi fischiavano le orecchie: se dico «questo è un tavolo» ciò è corretto in quanto la frase «questo è un tavolo» significa “qui c’è stata una materia prima, già investimento di lavoro, cui è stato investito altro lavoro che ha fatto di quella materia un tavolo. Ecco perché io posso dire che questo è un tavolo”.
Il sapere è sapere sul lavoro investito o se di uomo si tratta, il Verbo di Dio all’occorrenza, si tratta di investito da. …
Pronunciato il 4 aprile 1998
Trascrizione a cura di Gilda Di Mitri
Testo non rivisto dall’Autore